Diceva quel genio di Ennio Flaiano che “gli italiani corrono sempre in aiuto del vincitore.” Un ritratto perfetto dell’italiano medio, moderato, sempre al riparo del comune sentire della maggioranza dei “benpensanti”: fascista prima, democristiano poi, infine berlusconiano. Un italiano di destra, naturalmente conservatore, ereditariamente cattolico; sempre individualista, opportunista e amorale.

Per questo italiano, le prossime elezioni rischiano di suonare come una campana a morto. Per una volta, infatti, non sarà sufficiente essere irresponsabili e sprovvisti di una qualsiasi idea. Né basterà fiutare il vento e schierarsi dalla parte del più forte.

Se, come sembra, la decisione obbligata di Silvio Berlusconi di scendere di nuovo in campo – si tratta di salvare “la roba” e di evitare il carcere – indurrà anche Mario Monti a uscire dall’ambiguità, candidandosi, per l’italiano medio, moderatamente “non pensante”, il dramma si sarà compiuto: proprio lui, che in vita non ha mai scelto, dovrà scegliere. Non solo: tra Monti e Berlusconi, sarà pure chiamato a scegliere tra due sconfitti – due cavalieri sfiduciati e caduti da cavallo.

Forse farà uno scarto, si abbandonerà a un’amara risata, a uno sberleffo – e, pur diffidandone, voterà per gli umori forti di quell’istrione di Beppe Grillo. Oppure, si asterrà, imprecando contro la barbarie di un’elezione a febbraio – nel pieno di una stagione non balneare.

Comunque si orienti, rischia di puntare sul cavallo sbagliato. C’è l’urgenza di salvare il salvabile, e non si sa più come fare. I tempi sono duri. Per tutti. Anche per i molti “moderati” senza uno straccio di idea, e senza un valore che non sia patrimoniale: cercano un vincente di sicura affidabilità, a cui conformarsi, ed è una vera sciagura che non si trovi. Possibile che Monti e Berlusconi non lo capiscano? Con tutti i poveri che già abbiamo, si dovrebbero unire le forze per salvare almeno i benestanti benpensanti. O è un compito che si vuol lasciare alla sinistra?