The eurozone’s twin failure

Neet_EU-1114For more than four years eurozone countries – prodded by Germany, the European Central Bank and the EU bureaucracy in Brussels – have stuck to the twin ‘cures’ of austerity and structural reform as their response to the havoc caused by the 2008 global financial crisis.

Austerity was meant to curtail excessive deficits, reduce public debts and restore confidence, thereby bringing depressed ‘animal spirits’ back to life. Structural reforms, meanwhile, were seen as crucial to improve efficiency – especially by cutting back on ‘bloated’ public sectors and welfare programs – and spur much-needed productivity gains in our increasingly competitive ‘flat’ world.

Persuasively promoted by economists, international organizations and the mainstream media as the panacea, austerity and structural reform have been actively pursued by governments. Four years on, the effects are too painful to ignore.

Austerity on the back of the massive shock generated by the financial crisis has further depressed consumption and investment. The eurozone as a whole is teetering on the brink of an unprecedented triple-dip recession, while deflation – despite the ECB’s denials – is taking hold in much of Southern Europe.

With nominal GDP on a falling trend, denominator effects have led to an unstoppable expansion of debt/GDP ratios (see chart below) despite the squeeze on public budgets and the ECB’s relatively successful attempt – over the past couple of years – at bringing intra-eurozone interest rate spreads back under control.

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Contrary to intentions – but as warned by critics of austerity – the mix of tight fiscal policies and a reluctantly easier monetary policy has failed to kickstart economies which had never properly recovered  from the devastating impact of  the financial crisis. What such a contractionary mix has caused, instead, is shrinking production bases – with countries like Italy, Spain and Greece losing more than a quarter of their industrial sectors (see chart below) – high and entrenched unemployment, and a further deterioration of debt burdens: in short, failure on a massive scale.

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As for structural reforms, the whole European periphery – comprising the less rich and less productive countries in the euro area – has experienced what it means to try to force through sweeping change amid self-imposed austerity and a general unwillingness to invest. Only the most simplistic and draconian measures – like cutbacks to transfers or reductions of workers’ rights – have found implementation, often on the back of misleading government campaigns portraying the changes as ‘progressive’ moves toward a more inclusive society, in line with the best European standards. Supposedly inefficient safety nets have been dismantled, without anything being built to replace them so as to innovate rather than destroy Europe’s social model.

The end-result, quite predictably, has been a dramatic surge in inequality. The middle class – the bastion of Western democracy – has been squeezed to the point that political stability is now threatened in several countries amid the rise of extremist or populist parties, while society’s more fragile members have been pushed out to the fringes as part of a new, mushrooming underclass.

According to Eurostat, Europe’s statistical agency, a quarter of the EU’s population – or 123 million people – were at risk of poverty or social exclusion in 2013, a terrible indictment of the policies stubbornly pursued in the aftermath of the financial crisis.

And another set of statistics stands out as an equally poignant testimony of the wrongheadedness of Europe’s elites. The bitter medicines of austerity and structural reform were supposed not just to overcome a fiscal crisis but, above all, to re-launch a sluggish economy on the path to prosperity. A glance at the socio-economic outcomes for such a critical group as the young – those aged between 15 and 24 – provides plenty of evidence of how far Europe is straying from its goal.

Data published by the OECD (see chart below) show that the percentage of young people not in employment, education or training (the so-called ‘NEET’) is almost everywhere sharply on the rise, surpassing damning levels of one out of six in most of the European periphery and one out of five in Greece and Italy. The young are the most dynamic, creative, productive people in society, but Europe’s failed policies are turning them into a lost generation.

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Cipro, l’euro e la paura dell’abisso

protests-in-cyprusIn un nuovo capitolo dell’interminabile crisi dell’euro, anche Cipro – dopo Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna – ha alla fine ottenuto un pacchetto di “aiuti” europei per evitare il collasso del suo sistema bancario, un default sovrano e la probabile fuoriuscita dalla moneta unica. Ci sono voluti almeno nove mesi di tattico attendismo, sull’orlo della catastrofe, e poi una settimana, poco più, di feroce negoziato, di passi falsi e di reciproche ostilità. Continua a leggere

Cipro sfida un’arrogante Europa

angela_merkelTerra nativa di Afrodite, dea dell’amore lussurioso e dell’irrefrenabile passione che può trasformare, così come a Troia, l’amore in guerra, Cipro si è trovata al centro, nell’ultima settimana, di un’ondata di irrazionale distruttività che rischia di travolgere l’Europa. La vicenda ha dell’incredibile. Purtroppo, lascia in bocca un rancido sapore di marciume, l’impressione di un continente – l’Europa – alla deriva per una combinazione di fatali carenze: assenza di principi, vaghezza di idee, tracotanza, incompetenza. Continua a leggere

L’austerity “keynesiana” del commissario Rehn

olli-rehn-2-mar13Il premio Nobel Paul Krugman le chiama “idee scarafaggio”: servono solo a contaminare il discorso ma per quanto uno si dia da fare a scacciarle, dimostrandone l’infondatezza, continuano a tornare. Si tratta di moleste idiozie che, simili a bacherozzi, possono annidarsi dovunque. Ma è l’ideologia dell’austerity, da un triennio dilagante in Europa, a esserne oggi uno dei più fecondi terreni di coltura. Continua a leggere

Liebe Angela, la misura ha vita più lunga

merkel-misuraHo seguito il discorso che Angela Merkel ha tenuto al World Economic Forum giovedì scorso. Molto di quel che ha detto si presentava, a un primo e superficiale ascolto, come condivisibile. Ma quel che alla fine ha lasciato in me il segno e orientato il mio giudizio è stata la sorprendente, macroscopica mancanza di senso della misura di cui la Cancelliera ha dato prova in un paio di cruciali valutazioni. Continua a leggere

La crisi e i giorni perduti dell’austerity

merkel-draghi-montiE’ utile ripercorrere, anche sommariamente, la storia della crisi. Serve a non farsi prendere in giro da chi oggi è intento a riscriverla per esonerarsi da ogni responsabilità e perseguire, come sempre, il proprio tornaconto. E serve a immaginare soluzioni meno inique, più sensate ed efficaci di quelle che continuiamo a subire, irrisi da una propaganda, che vociante “sale”, “sale, e poi ancora “sale”, per strombazzare inesistenti successi. Continua a leggere

Disoccupazione, dove sei?

monti-draghiMolti si chiedono: Quando finirà la crisi? E i più riflessivi aggiungono: “Quali ne sono le cause?” Capirlo ci consentirebbe di trovare assieme una via d’uscita.

Io penso che la crisi dipende dalle nostre idee sbagliate, e che queste idee sbagliate restano oggi dominanti. Dunque, non siamo vicini all’uscita, per lo meno in senso “spaziale”. In senso “temporale”, è più difficile dire: le crisi – quando sono gravi come l’attuale – hanno la caratteristica di alternare lunghi tratti in cui sono “striscianti” ad altri in cui procedono a sobbalzi, in un diffuso crescente sconforto. Continua a leggere

Tutti gli inganni del Presidente

napolitano-discorsoNelle 2.612 parole del suo discorso di fine anno, il presidente Napolitano ha detto per lo più cose apprezzabili e di buon senso. D’altro canto, fa parte del suo ruolo e l’aveva premesso:

“Cercherò di interpretare ed esprimere sentimenti e valori condivisi, esigenze e bisogni che riflettono l’interesse generale del paese. (…) Non verranno da me giudizi e orientamenti di parte, e neppure programmi per il governo del paese.”

Poco dopo, però, ha pronunciato un blocco di neanche 250 parole (meno del 10% del totale) di segno del tutto diverso: quelle dedicate alle politiche di austerity come risposta alla crisi economico-finanziaria. Continua a leggere

Schaeuble, sudoku ed euro-crisi

schaeuble-sudoku3Sono contento di poter concludere l’anno con una buona notizia. Arriva dalla Germania, dall’autorevolissima voce del ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble. In un’intervista a Bild, il più popolare quotidiano tedesco nonché il più venduto giornale d’Europa, Schaeuble ha parlato della crisi dell’euro, dichiarando quello che tutti avremmo voluto sentire: “Ich glaube, wir haben das Schlimmste hinter uns”. Ovvero, “Penso che il peggio sia alle nostre spalle”. Era ora. Continua a leggere

Se questo è l’euro

golden-dawnC’è in giro, sui media, una gran voglia che l’austerity funzioni e i “sacrifici” portino frutto. E un gran bisogno di raccontare, e di raccontarci, qualcosa di consolatorio.

Così, la settimana scorsa, non c’è stato giornale che non abbia celebrato la discesa dello spread sotto la soglia dei 300 punti. Come se ci fosse, in quel numero peraltro subito risalito verso quota 350, un tocco di magia e di benaugurante presagio. E come se, con poca inflazione e un Pil in picchiata Continua a leggere