Fede nella mortalità

fine_mondoStretto tra il molesto, martellante, mortificante assalto mediatico del monocorde monopolista di Arcore e la conclusione, ormai imminente, del 13° b’ak’tun del calendario Maya, ho cercato consolazione in “Scienza e religione” – un libro di Bertrand Russell che mi è caro – là dove dice:

“Attendersi che una personalità sopravviva alla disintegrazione del cervello è come attendersi che un circolo di cricket sopravviva quando tutti i suoi membri sono morti.”

“Non pretendo che quest’argomento sia conclusivo. (…) Può darsi che la causalità psicologica possa essere liberata dalla sua dipendenza attuale dal corpo. Ma nello stato attuale della psicologia e della fisiologia, la fede nell’immortalità non può in nessun caso chiedere un sostegno alla scienza, e quegli elementi che si possono addurre a proposito di quest’argomento portano alla tesi della probabile estinzione della personalità al momento della morte.”

“Possiamo deplorare l’idea che non sopravvivremo, ma è un conforto pensare che tutti i persecutori e (…) gli ingannatori non continueranno a esistere per tutta l’eternità. Ci si potrebbe dire che migliorerebbero col tempo, ma ne dubito.”

Il libro di Russell è del 1935, nel pieno dell’ascesa dei totalitarismi europei di Mussolini, Hitler e Stalin. Ma c’è di più. Come tutti i geni, il filosofo inglese sapeva guardare lontano, intravedendo gli orrori della seconda guerra mondiale e della sesta discesa in campo di Silvio Berlusconi.

2 commenti su “Fede nella mortalità

  1. Marzia ha detto:

    mah anche un contrappasso dantesco ad hoc non ci starebbe male. Per il resto se tutto si trasforma e nulla si distrugge dove andrà l’energia di cui ci componiamo? i sogni parlano di viaggi che continuano trasformandoci trasformandosi …

  2. Cara Marzia,

    mi vanno benissimo entrambi i tuoi suggerimenti: contrappasso dantesco e trasformazione dell’energia. La mia invocazione dei poteri liberatori della “mortalità” riguarda il molesto, martellante, mortificante monopolista di Arcore. Quando ieri sera, per un attimo, mi sono chiesto chi ci libererà da lui, mi è venuto in mente quel passaggio di Russell. Ecco, a un certo punto, sulla disintegrazione del cervello si può fare affidamento. E forse, forse, nel caso di Silvio cominciamo già a essere a buon punto.

    Il mio post è ironico, così com’era ironica la conclusione di quel capitolo del libro di Russell, che cito. Se noti, Russell non ha nulla di definitivo da dire su un’eventuale vita dopo la morte. E’ agnostico. Non sa, come non so io, non sa la scienza, non sanno le religioni, e non sa nessuno.

    In realtà, per aggiungere un po’ di contesto, quel capitolo di “Scienza e religione” di Russell mira soprattutto a disarticolare due credenze della tradizione cristiana: l’esistenza dell’anima, e la resurrezione del corpo. Insomma, intende liberare dal potenziale intossicante di certe fedi, che diventando dogmi finiscono per sprigionare una devastante distruttività (ad esempio, fu la credenza nell’inferno a giustificare gli orrori dell’Inquisizione).

    Per il resto, quel che io penso davvero è che siamo uomini e donne, chiamati a celebrare ogni istante la vita – ogni forma di vita – nella sua straordinaria bellezza, così come per altro Russell seppe fare: pensatore estremamente prolifico, umanista sempre, e persino, come sai, molto longevo.

    Un caro abbraccio,
    Beppe

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