A bocca aperta

Dambruoso_M5s-0214Riassumiamo. In Italia c’è un parlamento eletto con una legge incostituzionale, che in parte impedisce l’espressione della volontà popolare e in parte la deforma. E’ un parlamento di nominati da un manipolo di pochi capi-partito.

C’è poi un governo che di fatto impedisce al parlamento di esercitare le sue prerogative tenendolo occupato con l’approvazione di decreti blindati dal ricorso al voto di fiducia. I decreti contengono spesso provvedimenti eterogenei, privi di coerenza e anche di quelle ragioni di necessità e urgenza che sole dovrebbero giustificare la decretazione governativa. Il presidente della Repubblica comunque li emana.

Si arriva così al decreto Imu-Bankitalia, un pasticcio che mette assieme il diavolo e l’acqua santa. Dietro al velo della cancellazione di un’odiata tassa sulla casa si fa passare il trasferimento di ingenti risorse – una parte delle riserve della banca centrale – dalla mano pubblica a quella privata. Beneficiarie di un regalo da alcuni miliardi di euro sono infatti poche grandi banche, che non hanno alcun titolo effettivo per lucrare sulle quote di proprietà o sui proventi, di natura pubblica, della Banca d’Italia.

La manovra solleva pesanti interrogativi non solo sull’utilizzo delle risorse generate dalla banca centrale, ma anche sui suoi assetti proprietari e sulle ricadute per la sua autonomia. Ma ogni dibattito è soppresso. Chi muove obiezioni viene speciosamente bollato come un sostenitore della reintroduzione dell’odiata tassa, l’Imu.

L’inciampo sopravviene a poche ore dalla scadenza per la conversione del decreto. L’opposizione esercita il suo diritto a mettersi di traverso nel rispetto dei regolamenti parlamentari. Ma la presidenza della Camera la “ghigliottina”, imponendo il voto immediato e l’approvazione. Le motivazioni date in seguito sono di due ordini: la “ghigliottina”, per quanto non esplicitamente prevista dal regolamento, sarebbe una “prassi”; eppoi senza “ghigliottina” il decreto sarebbe decaduto, quando invece – sostiene la presidente – sarebbe dovere del parlamento assicurarne la conversione entro 60 giorni.

Sia l’una che l’altra giustificazione sono false. Non esistono precedenti alla Camera per l’uso della “ghigliottina”, e dunque non c’è né regola né prassi; e non esiste un dovere di conversione dei decreti governativi da parte del parlamento. All’articolo 77, la Costituzione prevede soltanto che i decreti, se non convertiti entro 60 giorni, “perdono efficacia sin dall’inizio”. Nulla impedisce che se un provvedimento decade, il governo torni, in presenza di motivi d’urgenza, a decretare sulla materia.

Inopinatamente e abusivamente “ghigliottina”, l’opposizione inscena una protesta, non dissimile da molte altre della nostra storia parlamentare. La protesta è pacifica, ma dalla presidenza è stigmatizzata come un “assalto”. L’unica violenza viene esercitata da un questore, che prima schiaffeggia e malmena una deputata dell’opposizione e poi nega, assecondato dai suoi, ogni eccesso.

Gli animi si surriscaldano e, sciolta la seduta, negli scambi verbali che si susseguono per i corridoi e le aule del parlamento, un gruppo di deputate della maggioranza apostrofa come “fascisti” alcuni deputati dell’opposizione. A uno di questi scappa di replicare: “Siete qui perché siete brave a fare i pompini”. In seguito si scuserà. Ma è troppo tardi.

Nella lunga trafila di deliberate violazioni, di programmatici abusi, di insistiti stravolgimenti della legalità costituzionale, quel che fa scandalo è la parola volgare, l’offesa di un attimo, l’istintivo scivolamento in un gesto di stereotipata, irriflessa trivialità.

Le istituzioni serrano le fila. I media corrono in soccorso. Non si parla d’altro. Di fronte a tanta “barbarie” (o “barbaria”, come preferisce esprimersi il capo del governo), la Repubblica deve reagire. L’ordine e il buon costume vanno prepotentemente, moralisticamente ripristinati. Contro il pericoloso “squadrismo” dell’opposizione serve la mano ferma. Si attendono misure esemplari.

A questo punto, dunque, siamo: ora sappiamo che l’Italia di lor signori non si piegherà alle sboccate insinuazioni di fellatio. No, se cadrà, cadrà per gli imperturbabili abusi di un potere che, quando spalanca la bocca, è solo per succhiarci le tasche e le menti.