Norberto Bobbio, in un saggio sul fascismo, ne definiva l’ideologia come antitesi della democrazia, pura violenza e negatività, “azione senza pensiero”. Sono parole che tornano alla mente guardando il video dello scambio intercorso tra il ministro La Russa e l’inviato di Annozero, Corrado Formigli, all’incontro degli “smutandati” di Giuliano Ferrara al teatro Dal Verme di Milano.
A una domanda, che gli viene rivolta in modo civile, pacato e sulla base di un chiaro interesse pubblico, il ministro ribatte prima con una gratuita e offensiva allusione alla “sorella” di Formigli e poi con un forsennato pestaggio dei piedi dell’inviato. Non contento, abusa della sua posizione di potere denunciando platealmente di essere lui l’oggetto dell’aggressione tanto da indurre le forze dell’ordine a identificare il giornalista “offensore”.
A freddo, e resosi conto di essere stato ripreso, Ignazio La Russa chiede poi ammenda per i suoi eccessi ma accampa la comoda scusa di sempre: l’essere stato vittima di una “provocazione”.
Le domande scomode da parte di un giornalismo libero sono, in democrazia, una tutela per i cittadini. Sono non solo legittime, ma doverose. Per il nostro ministro, però, sono un’offesa sufficiente a scatenare la rappresaglia.
A La Russa la carica di ministro della Difesa – creata nei giorni in cui nasceva la Repubblica Italiana – sembra proprio stare stretta. Si può consolare all’idea che, se andranno in porto le riforme costituzionali della destra di cui fa parte, potrà prima o poi ambire – con ottimi titoli – a quella di ministro della Guerra.