L’utopia di una società senza classi

vescoviI vescovi italiani, riuniti nella Cei lamentano in un documento l’assenza in Italia di una classe dirigente. L’osservazione, però, è superficiale.

Una classe dirigente in Italia c’è. Solo che si presenta, ermeticamente, come un’escrescenza, spesso mafiosa o paramafiosa, di quella “borghesia improvvisata e amorfa” di cui scriveva Leonardo Sciascia.

L’Italia di oggi, questo ammasso spappolato che pare ai vescovi senza un alto e senza un basso, di tale borghesia è l’espressione più congeniale. Va bene proprio perché è così, informe e malleabile.

Né è da trascurare il fatto che questa sua indefinita condizione piaccia anche alla folla di salottieri intrattenitori, commentatori e intellettuali, quegli opinion maker la cui professione è di nobilitare l’esistente come enigmatico. Chiedendosi, pensosi: “Che farà, l’Italia? Dove andrà?”

Com’è ovvio, maciullata e cancrenosa, l’Italia non va da nessuna parte. Sta, dolorosamente. Senza misteri, che non siano quelli fabbricati dalla sua classe dirigente per occultare le solite, indebite appropriazioni. E con esse, anche se stessa.


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