Disunità d’Italia

d'azeglioIl Consiglio dei ministri ha dunque deciso che il 17 marzo, 150° anniversario dell’Unità d’Italia, sarà festa nazionale. Ma si è spaccato a causa del voto contrario dei ministri della Lega – partito di governo ma anti-stato, per uno di quei paradossi in cui brilliamo nel nostro scombinato paese.

La motivazione ufficiale del rifiuto leghista l’ha data il dentista ideologo Roberto Calderoli, il quale ha censurato come “pura follia” la proclamazione di un giorno di festa “in un Paese che ha il primo debito pubblico europeo e il terzo a livello mondiale, e in più in un momento di crisi economica internazionale.”

La spiegazione più genuina, sgombra da fumosi pretesti, è però scappata di bocca all’eurodeputato leghista Mario Borghezio, che al grido di “Viva la libertà della Padania” ha parlato del 17 marzo come di “una giornata di lutto” e non di festa, “un vero e proprio schiaffo morale al sentimento legittimo e diffuso in tutto il nord, dove questa festa ricorda soltanto le tasse di Roma, gli sprechi e le pensioni false di invalidità”.

Un secolo e mezzo fa, nelle sue memorie, Massimo d’Azeglio notava come le peggiori insidie per il Paese provenissero non dalla “lotta con lo straniero” ma da quella interna. “I più pericolosi nemici d’Italia non sono gli Austriaci, sono gli Italiani”. Purtroppo, concludeva,s’è fatta l’Italia, ma non si fanno gli Italiani.”

Ora, centocinquant’anni dopo, la mai sopita lotta interna ha pronta una “furba” scorciatoia per risolvere quella storica contraddizione: non si fanno gli italiani e si disfa l’Italia.

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