Da dove nasce l’inatteso successo delle manifestazioni per il 150° dell’Unità d’Italia? Ogni collettività umana – famiglia, associazione, popolo – ha bisogno di occasioni e riti per rinnovare e rinsaldare i propri vincoli costitutivi. Ma nel nostro paese, negli ultimi due decenni di confusa transizione dopo la fine della prima repubblica, è diventato sempre meno chiaro – tra un crescente disorientamento collettivo – quali siano questi vincoli, quale sia il nostro patto fondativo.
Nel vuoto di valori, si è rifatta avanti la Chiesa cattolica con l’ambizione dichiarata che sia la tradizione religiosa a “ri-legare” gli italiani in una prospettiva comune di appartenenza. La sfida, però, oltre che ambiziosa appare inattuale. Una fuga nel passato. I cattolici praticanti sono non più di un quarto della popolazione. La stragrande maggioranza si è lasciata alle spalle e trova ormai insignificanti, o finanche illusori e retrivi, dogmi fondamentali come l’infallibilità del papa o il principio che “non esiste salvezza fuori della Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana” (extra ecclesiam nulla salus).
Per altro verso, le forze politiche insediatesi al governo del paese – nella latitanza di pratiche ed efficaci iniziative di riforma – hanno sempre più cercato d’imporsi come portatrici di visioni totalizzanti, veri e propri surrogati religiosi come il mito padano predicato dalla Lega Nord, o il mito del caudillo (“ghe pensi mi”) sostenuto dal sedicente Popolo della Libertà.
Come però una crescente parte degli italiani è andata scoprendo, si tratta appunto di surrogati, seduzioni prive di credibilità e sostanza. La Padania non esiste, non è mai esistita e non ha nulla da dare alla generalità del paese; il caudillo è un imbonitore che pensa in primo luogo al suo piacere e ai suoi affari.
Cosa resta per i cittadini? C’è, per cominciare, l’Italia. Con tutti i suoi difetti, ci unisce da 150 anni, mentre una cultura e una lingua italiana esistono da molti più secoli. E hanno avuto le loro espressioni altissime, di cui possiamo essere fieri, a cui possiamo continuare a tornare per nutrire la nostra identità e alimentare le nostre speranze.
Il successo delle celebrazioni per il 150° dell’Unità sono il segno semplice ma eloquente che molti italiani, con saggezza, vogliono che in questo tempo di crisi si torni a valorizzare ciò che davvero ci unisce – ed è molto – per mettere da parte le balordaggini e i riti esotici – dai bunga bunga alle ampolle d’acqua del Po – che ci dividono.
Non ci credo! L’ho ritrovata dopo più di due anni. Mi toglie una curiosità: perché ha abbandonato “l’investitore accorto”? Era la mia mia bussola per gli investimenti e mi manca parecchio…