Si va componendo il quadro per le prossime elezioni e già si capisce che sarà un puzzle di difficile soluzione. E’ stato Mario Monti a collocare la prima tessera, confermando il suo voto di “castità” partitica (non si candiderà) ma dicendosi disponibile a servire il paese se il nuovo parlamento glielo chiederà.
Subito, la “non candidatura” dell’attuale premier ha raccolto il convinto appoggio di un disarticolato rassemblement di forze e personalità, sostenitrici del “Monti bis”.
A favore si è dichiarato il frastagliato fronte dei “centristi”, comprensivo dei vari Casini, Fini, Montezemolo, larghi pezzi di Confindustria, cattolici “malpancisti” del Pd e fuggiaschi opportunisti del Pdl.
Il loro punto di vista è stato sintetizzato in un commento domenicale apparso sul Sole 24 Ore una decina di giorni fa. Firmato da Stefano Folli, ex direttore del Corriere della Sera e attuale notista politico del quotidiano di Confindustria, l’articolo evocava “la prospettiva di una grande lista civica nazionale che spezzi le barriere partitiche”, raccogliendosi attorno a Monti, “la persona giusta per il domani”.
A parte che le barriere partitiche sono già da tempo in frantumi, è lecito chiedersi: giusta perché? E per quale domani? Le spiegazioni di Folli – com’è forse normale attendersi da un portavoce del padronato confindustriale – si sono limitate al minimo.
“L’ipotesi Monti – scriveva Folli – non è una trappola dei “poteri forti” internazionali, come qualcuno mostra di credere, bensì la logica conseguenza della drammatica difficoltà in cui si trova l’Italia. Se da qui alla prossima primavera dovremo chiedere gli aiuti alla comunità internazionale, chi condurrebbe meglio la trattativa: Monti o un presidente del Consiglio “politico” ma senza esperienza?”
Nei giorni seguenti, al Monti bis come sillogismo, ossia come “logica conseguenza” del Monti attuale, hanno mostrato di dare credito anche pezzi importanti dell’opinione di centro-sinistra, come il proprietario di Repubblica Carlo De Benedetti e il suo fondatore Eugenio Scalfari.
Il primo, dopo aver riconosciuto che tutto va male (“E’ ridicolo pensare che ci sarà la ripresa nel 2013, è una forma di inganno, non ci sarà nessuna ripresa. L’Italia avrà una crescita del Pil negativa del 3%”), ha fatto anche capire che questo è pur sempre il migliore, o l’unico, dei mondi possibile: “Mi auguro che ci sarà di nuovo Monti a continuare nel suo lavoro. Il mondo non capirebbe se oggi dovesse lasciare quello che sta facendo”.
Resta il dubbio di quanto “il mondo” abitato da De Benedetti voglia veder crollare il Pil italiano, prima di ritenersi soddisfatto. Ma De Benedetti, comprensibilmente, non ne ha fatto parola.
In un editoriale su la Repubblica, gli ha dato manforte Scalfari, centrando i suoi argomenti su due punti, anch’essi ad ampia gittata: a) “un’Italia risanata è indispensabile e preliminare ad un’Europa federale”, e Monti, in sostanza, ne è l’unico garante, il solo in grado di “rassicurare i governi europei e i mercati”; b) Monti è il migliore, l’uomo del destino, “l’archetipo della politica come autorità, non come potere (…) un’idea certamente elitaria ma non antidemocratica (…) la rivoluzionaria restaurazione dell’immagine della politica da tempo perduta, dell’idea che è bene essere governati da uno migliore di noi” – ha concluso Scalfari, citando il politologo Carlo Galli.
Infine, negli ultimi giorni, l’ipotesi del “governo del migliore” è stata sposata – con prevedibile opportunismo – anche dal peggiore, ossia da Silvio Berlusconi. Dopo aver evocato lo spettro del governo di una sinistra “guidata dalla Cgil, dalla Fiom e da Vendola”, il Cavaliere caduto da cavallo ha chiamato a raccolta “leader e piccoli leader” del fronte “moderato”- da Casini a Fini, Montezemolo, Tremonti, fino al moderatissimo Sgarbi e alla Lega –“non escludendo” Mario Monti come leader del loro raggruppamento. Quanto a sé, uno struggente Silvio ha dichiarato di voler fare un passo indietro “sempre e solo per il bene del Paese che amo” (“mai avuto un interesse personale”, ha anche aggiunto, per chiarire del tutto la credibilità della sua posizione).
Democrazia in affanno
Il puzzle, a questo punto, dovrebbe essere sufficientemente delineato. Il sostegno al non candidato Monti va da Scalfari a Berlusconi, abbracciando ogni possibile contrario: sinistra democratica e destra autoritaria, comunitarismo cattolico e liberismo di mercato.
Scriveva, più di due secoli e mezzo fa, Montesquieu che “per le repubbliche è una disgrazia quando i contrasti vengono a mancare. Ciò avviene allorché si è corrotto il popolo con il denaro (…). Incurante del governo e di quanto vi si propone, aspetta tranquillamente il suo salario.” Nel nostro caso, il tentativo di acquietare i contrasti avviene senza che, per molti italiani, ci sia alcuna garanzia di un salario. Anzi.
Come proposta per risolvere la crisi, quella dell’eterogeneo accrocco al riparo dell’uomo della Provvidenza, Mario Monti, e delle politiche recessive, dettate da Bruxelles e Francoforte, mi ricorda una battuta di Woody Allen: “Più di qualsiasi altro momento della storia, il genere umano si trova dinanzi a un bivio. Una strada conduce alla disperazione e alla più nera prostrazione, l’altra all’estinzione totale. Che Iddio ci dia il senno per fare la scelta giusta.”
Non sono del tutto sicuro che una terza via, oltre a quelle delineate da Allen, sia davvero alla nostra portata. Ma penso che l’unica scelta razionale e moralmente giustificabile sia provarci.
A tal fine, vorrei limitarmi a due sole osservazioni. La prima è che l’Italia soffre di un grave e crescente deficit di democrazia. E la democrazia, per me, viene prima di tutto. Come insegnava Karl Popper, è quell’unico “campo di battaglia” che permette riforme ragionevoli, perché “senza violenza”. Ma è un campo vulnerabile, la cui protezione deve essere la “preoccupazione preminente” se non si vuole che “le tendenze antidemocratiche sempre latenti” abbiano la meglio.
Ora, il nostro problema di democrazia nasce, internamente, dal disinteresse dei cittadini nei confronti della vicende pubbliche e dalla contestuale corruzione del ceto politico. Ma ha anche una componente sovranazionale nel generale affermarsi, attraverso le dinamiche di una globalizzazione selvaggia, di poteri economici e finanziari predatori e fuori controllo.
Per quanto Monti, personalmente, sia un sincero democratico, non è preconfezionando un Monti bis “lontano da Roma” e al di sopra dei partiti, al di fuori dei giochi elettorali e del potere di scelta dei cittadini, sulla base di un’agenda sostanzialmente imposta dall’esterno e calata dall’alto, che si può pensare di rivitalizzare la democrazia in Italia.
Temo, invece, che si rischi di ucciderla, rendendo gli italiani sempre più soggetti passivi di poteri incontrollati e dunque irresponsabili. O Roma o Monti! – ossia il tecnocrate in alternativa alla politica – suona, insomma, come un motto infausto per i destini democratici del nostro paese.
Diseguaglianza senza libertà
Il secondo punto riguarda, più in concreto, le risposte alla crisi. Non penso affatto che l’Italia le troverà nelle apodittiche prescrizioni che l’Europa sta dispensando, e che il governo Monti, troppo supinamente, ha fatto proprie. (Per considerazioni più analitiche, rinvio a un ottimo articolo di Stefano Fassina sul Foglio di qualche giorno fa).
Si tratta di ricette fondate su quello stesso screditato liberismo di mercato che ha prodotto la crisi, e che continua a essere riproposto sulla base dell’irragionevole assunto per cui dosi massicce della medicina che ci ha fatto ammalare potranno ora guarirci.
Nell’editoriale su Repubblica di domenica scorsa, Scalfari – per giustificare il suo sostegno al Monti bis – scriveva che “il senso del voto che il corpo elettorale sarà chiamato ad esprimere sarà in primo luogo a favore o contro l’Europa unita, a favore o contro la moneta europea (…). Naturalmente – aggiungeva – ci sono anche altri elementi che caratterizzeranno quel voto e riguardano il colore politico che assumerà la futura democrazia europea: se sarà più orientata verso l’equità e la socialità oppure verso il liberismo; se sarà riformatrice o conservatrice; se privilegerà l’eguaglianza nella libertà o la libertà senza l’eguaglianza. Questioni certamente della massima importanza, ma destinate ad alternarsi come sempre avviene nelle democrazie funzionanti.”
Non sono d’accordo. Gli italiani hanno già scelto sia l’Europa che l’euro in molte e importanti circostanze negli ultimi sei decenni. Se oggi esitano, perplessi e preoccupati, è perché si fatica ormai a capire cosa sia questa Europa, che sempre più ignora – lontana e sprezzante – i diritti fondamentali di molti suoi cittadini.
Il “pensiero unico” a matrice liberista, che si è insinuato dovunque e anche nel cuore delle istituzioni europee, fa strame dei diritti di cittadinanza e, in ultima istanza, della democrazia – come è ben visibile (ma anche occultato dal pavido pudore di molti media) nella catastrofe greca. E’ per questo che le priorità di Scalfari mi sembrano stranamente invertite.
L’Europa si sta sempre più allontanando da quell’ideale di “democrazia funzionante” in cui fisiologicamente si alternano le due opzioni dell’”eguaglianza nella libertà o della libertà senza l’eguaglianza”. Anch’essa soffre, in modo diverso ma non così dissimile dall’Italia, di un crescente deficit democratico, aggravato dalle torsioni cui l’opzione da tempo dominante della “libertà senza l’eguaglianza” è stata sottoposta, in tempi di globalizzazione e “pensiero unico”.
L’esito che purtroppo s’intravede – non solo in Grecia – è quello fatale di una “diseguaglianza senza libertà” (tranne, s’intende, che per ristrette élite globalizzate, il cui potere si nutre della vorace libertà da ogni vincolo e da qualsiasi responsabilità). Ed è per scongiurare questa deriva, incompatibile con la democrazia e con ogni autentico ideale di civiltà, che io penso si debba votare.
Ma scusi Dott. Bertoncello, per me vale quanto segue:
“Non puoi cambiare il sistema combattendolo. Devi creare un nuovo sistema che renda obsoleto quello attuale.”
Buckminster Fuller.
Chi è Buckminster Fuller:
http://en.wikipedia.org/wiki/Buckminster_Fuller
E come fai a creare un nuovo sistema, se manca il capitale finanziario e intellettuale?
Con Monti che è espressione della BCE che a sua volta è partecipata dalle varie banche centrali dei paesi membri che a loro volta sono partecipate dalle banche nazionali?
Con l’attuale centro sinistra e centro destra italiano che incapaci di fare la loro parte hanno fatto venire Monti che non è altro che l’espressione della BCE?
A parte questo, a proposito del venir meno del capitale finanziario con cui creare un nuovo sistema:
http://www.italiaoggi.it/news/dettaglio_news.asp?id=201206041834244949&chkAgenzie=ITALIAOGGI&titolo=Euro,%20capitali%20in%20fuga%20dalla%20crisi
No Comment!!
A proposito del venir meno del capitale intellettuale in Italia, inutile che le
invio links, sulla fuga dei cervelli italiani ci sono un mare di articoli!!
A proposito della BCE che a sua volta è partecipata dalle varie banche
centrali dei paesi membri che a loro volta sono partecipate dalle banche nazionali:
http://www.investireoggi.it/economia/un-consigliere-della-merkel-ammette-stiamo-salvando-la-spagna-per-salvare-le-banche-tedesche/
E comunque anche le banche francesi in pancia avevano una marea di titoli dei cosiddetti PIGS!
La soluzione c’è sempre stata e c’è ancora: chi sbaglia paga!!
Perchè non lo si fa?
Una prossima volta magari, scrivo qualcosa in merito!!
Cordiali saluti.
Fab
[…] mio post “O Roma o Monti!” ho già scritto per quali due ragioni, una di principio e una di merito, la soluzione non mi piace. […]
Ma Dott. Bertoncello, io stavo parlando di BCE, Banche Centrali e grossi gruppi bancari europei e quindi intendevo una strutturale, profonda riforma del sistema bancario finanziario a livello europeo!
Un primo step obbligatorio sarebbe la separazione obbligatoria per legge fra banche commerciali e banche d’investimento e per quest’ultimo tipo di banche, l’obbligo di operare con leve finanziarie decenti e non indecenti come invece è avvenuto nel business model “banca universale” che ha portato solo disastri a tutti i livelli e la crisi dell’euro è solo una delle conseguenze di questo business model sciagurato!!
( per non parlare poi dei risparmiatori che vengono spennati come polli per usare un eufemismo !! )
Inoltre obbligo legale di investire la stragrande maggioranza del capitale proprio di rischio nei prodotti finanziari che propongono ai clienti!!
Put your money where your mouth is!!!!
E perchè non si fa tutto questo??
Tutti i grandi e medi gruppi bancari europei perderebbero una marea di
di profitti!!
Che strane coincidenze….!!!
Cordiali saluti.
Fab