C’è stato un periodo in cui preferivo definirmi cittadino europeo. Ora comincio a vergognarmene. Per un triennio la Grecia è stata sottoposta a un regime di “aiuti” che sempre più fa pensare alla rieducazione in un gulag.
L’economia e la società greca sono state devastate, e in sovrappiù si è infangata l’idea di Europa e messa gravemente a rischio la democrazia. Il debito pubblico, che si diceva di voler risanare, cresce fuori controllo e sta per toccare il 190% del Pil, mentre ancora i “partner” europei si illudono che possa essere interamente ripagato. Ripagato da chi?
Le manovre di austerità hanno fatto contrarre l’economia greca del 20%, e un altro 5%, probabilmente, andrà in fumo nel 2013 – sesto anno consecutivo di un’atroce depressione. La disoccupazione supera il 25% ed è destinata a salire dato che nessuno si aspetta che la Grecia, nella migliore delle ipotesi, torni a crescere prima del 2015.
I greci hanno le loro responsabilità. Ma la “cura” europea è stato un misto di miopia e di crudeltà che non accenna a finire. Il 7 novembre il parlamento greco, sotto dettatura europea, ha approvato l’ennesimo, durissimo pacchetto di tagli. Per tutta risposta, i ministri delle finanze europei, da due settimane, stanno traccheggiando sulla decisione di autorizzare finanziamenti d’emergenza bloccati da luglio.
La priorità, pare, è quella di camuffare la realtà e nascondere agli elettorati nazionali – quello tedesco in primo luogo, chiamato a votare tra meno di un anno – l’evidenza del fatto che la Grecia non sarà mai in grado di rimborsare l’enorme montagna di debiti, accumulatisi con le malversazioni dei governi greci del passato e le devastanti “cure” europee dell’ultimo triennio.
Un’ottima e succinta analisi di questo tragico stato di cose l’ha scritta (in inglese) l’economista Karl Whelan su Forbes: Standoff on Greece Driven by Short-Sighted Europolitics. Ne raccomando la lettura. Su EconomiaWeb ho invece pubblicato un breve articolo – Grecia, la cura Lagarde e il nein tedesco – che sintetizza lo stato dei negoziati a livello europeo, e le ragioni della spaccatura che si è aperta nel fronte dei creditori – in particolare tra Fondo monetario internazionale e Germania.