Il terremoto in Giappone, alla pari del Diluvio universale e della pioggia di fuoco che distrusse Sodoma e Gomorra, sarebbe dunque un “giusto castigo” di Dio e al tempo stesso una “manifestazione della sua misericordia”. Questo ha spiegato a Radio Maria, un po’ di giorni fa, il prof. Roberto de Mattei.
Dio, infatti, così come “premia e castiga le nazioni sulla Terra”, con una “morte prematura” risparmia all’innocente “un triste avvenire”, mentre “nella tribolazione rimette più facilmente i peccati e versa più abbondantemente i suoi doni”.
A beneficio dei pochi non ancora illuminati dalla sua chiara fama, va detto che il prof. de Mattei non è né un sismologo né un teologo. E neppure, pare, un menagramo. E’ invece il vicepresidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr).
Ora, siccome il Cnr è l’ente pubblico a cui in Italia è demandato il compito di “svolgere attività di ricerca nei principali settori delle conoscenze” a fini di “sviluppo scientifico, tecnologico, economico e sociale del Paese”, le parole di de Mattei vanno considerate con la dovuta attenzione.
Su quali ricerche si basa l’ipotesi dematteiana sui terremoti? De Mattei è uno storico del cristianesimo, e a ben guardare ha fatto uso delle “conoscenze” a sua disposizione: la Bibbia, da un lato, da cui ha tratto l’analogia col Diluvio e con Sodoma e Gomorra, e dall’altro la tradizione, da cui ha ripescato un probante documento, intitolato “La provvidenza di Dio, l’efficacia della preghiera, la carità cattolica e il terremoto del 28 dicembre 1908: cenni apologetici.”
Quest’ultimo è un lavoro del 1909, in cui l’allora vescovo di Rossano Calabro, mons. Orazio Mazzella, esponeva le sue riflessioni sul catastrofico terremoto di Messina e Reggio Calabria, e a cui de Mattei ha attinto a piene mani nell’intervento a Radio Maria.
Bibbia e tradizione cattolica sono dunque i depositi di sapere con cui il ricercatore de Mattei è andato a fondo del problema. Possono andar bene per capire un fenomeno fisico come un terremoto? In che senso sono apportatori di “sviluppo scientifico, tecnologico, economico e sociale del Paese”?
Per chiarirlo può bastare il più famoso dei precedenti. Nel 1616 Bibbia e tradizione cattolica furono le autorità invocate dal Sant’Uffizio, guidato dal cardinale Roberto Bellarmino, per dichiarare “assurda, falsa e formalmente eretica” l’idea eliocentrica che Galileo si era fatta del nostro Universo e condannare il padre della scienza moderna al silenzio e, nel 1633, anche all’abiura, al carcere a vita, nonché alla recita settimanale dei salmi penitenziali.
Dovette passare più di un secolo perché le opere di Galileo, debitamente censurate, potessero essere pubblicate qui da noi. E solo nel 1820 il Sant’Uffizio – senza però ammettere alcun errore – diede il nulla osta perché fosse “difesa la tesi della mobilità della Terra e immobilità del Sole nel mondo”. Nel frattempo, la scienza moderna era stata tacitata e umiliata a tutto vantaggio di quelle superstizioni e irrazionalità che ancora oggi impazzano nella “cultura” e nel discorso pubblico del nostro paese.
Bellarmino, il grande inquisitore, fu naturalmente proclamato santo nel 1930. E la sua tomba, nella chiesa di Sant’Ignazio a Roma, continua a esibire un motto di sfida permanente alla libertà del sapere: “La mia spada ha sottomesso gli spiriti superbi”.
Per tornare a de Mattei, la questione è dunque che senso abbia tenere ai vertici del maggiore istituto pubblico di ricerca scientifica uno che sta dalla parte di chi la scienza l’ha ostinatamente perseguitata.
Una risposta, a osservare bene il nostro paese, purtroppo c’è. Ha lo stesso senso, per esempio, che avere a capo del governo uno che riceve attestati di incondizionata ammirazione da parte di sanguinari mafiosi, rappresentanti dell’anti-stato; o lo stesso senso che avere alla guida dei più importanti organi d’informazione “professionisti” che le notizie le fanno sparire.
L’Italia di oggi è insomma un paese a cui piace l’assurdo.
Il vicepresidente del Cnr, de Mattei, persuaso dalla sua teoria provvidenziale dei terremoti che “senza le catastrofi non ci accorgeremmo che la Terra è un luogo di esilio”, di questa Italia irragionevole è, dopotutto, uno dei rappresentanti più apprezzabili e coerenti. Lui, infatti, almeno lo sostiene apertamente che a questo mondo siamo tutti fuori posto. E se sta al Cnr, si capisce che vi si trova come un deportato. In trepida e innocente attesa che un cataclisma lo porti via, provvidenzialmente.